Domande frequenti
FAQ condominiali
Domanda: E' possibile richiedere in qualunque momento la convocazione di un'assemblea straordinaria da parte dei Condomini ?
Risposta: La richiesta di convocazione di un'assemblea straordinaria è sempre possibile da parte dei Condomini. L'art. 66 dis. att. del del Codice civile impone che la richiesta sia scritta e inviata all'Amministratore con il nominativo dei Condomini richiedenti, ordine del giorno e firma degli stessi. Per essere valida la richiesta deve essere fatta da almeno 2 Condomini la cui somma sia 1/6 dei millesimi generali di proprietà. All'Amministratore ha dieci giorni di tempo per convocare l'assemblea, trascorsi i quali, i Condomini posso convocare autonomamente l'assemblea con le stesse tempistiche delle normali convocazioni.
Domanda: Quali sono le caratteristiche della assemblea condominiale ?
Risposta: L'Assemblea deve essere convocata ogni anno dall'amministratore per il rendiconto del proprio operato: è la cosiddetta assemblea ordinaria, che può trattare qualsiasi argomento di ordinaria e di straordinaria amministrazione. Sono straordinarie tutte le altre assemblee che vengono convocate nel corso della gestione quando l'amministratore o i condomini lo ritengono necessario. I condomini devono essere avvisati almeno cinque giorni prima della riunione.
L'avviso di convocazione deve indicare il luogo, la data e l’ora in cui si terrà l'assemblea, nonché contenere l'ordine del giorno, cioè l'elencazione degli argomenti che verranno discussi in tale sede. Questi ultimi, a pena di annullabilità della relativa delibera, devono essere elencati specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso (Cassazione, sentenza n. 14560/2004).
E' preferibile che l'avviso di convocazione sia inviato a mezzo raccomandata ordinaria o consegnato a mani: l'importante è avere una sicura prova di avvenuta convocazione di tutti i condomini. L'assemblea in seconda convocazione deve tenersi in un giorno differente da quello della prima, pena annullabilità delle delibere. Tutti i condomini devono essere convocati alla riunione, pena l'annullabilità delle delibere.
Qual'ora l'avviso di convocazione di assemblea condominiale sia stato inviato mediante lettera raccomandata, non consegnata per l'assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, il momento in cui l'atto si reputa conosciuto coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso il destinatario, e non già con il momento in cui successivamente l'atto viene consegnato. (C.c, art. 1335)
Tutte le decisioni prese dall'assemblea, in quanto organo deliberativo del condominio, trovano forza e giustificazione nel "principio di maggioranza", per cui le delibere approvate nel rispetto delle norme di legge e regolamentari sono obbligatorie per tutti i condomini anche se assenti o dissenzienti.
L'assemblea non può deliberare su argomenti che non siano iscritti all'ordine del giorno, sempre che non vi sia la presenza totale dei condomini rappresentanti il totale-valore dell'edificio, oppure non vi siano problemi urgenti o pericoli in atto. L'Assemblea, tuttavia, potrà sempre ratificare quanto eseguito in altra seduta.
Delibere nulle annullabili e inesistenti Quali sono le delibere nulle e quali quelle annullabili e quali quelle inesistenti ?
Il legislatore ha previsto la possibilità per ogni condomino di ricorrere all'autorità giudiziaria contro le deliberazioni assembleari.
Sono nulle le delibere che:
- hanno oggetto impossibile o illecito cioè contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume (per esempio: dispongono opere di abuso edilizio o vietano l’acquisto di appartamenti a determinati soggetti per ragioni di discriminazione razziale);
– hanno oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea;
– incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini (per esempio: disciplinano l’utilizzo di un bene che in realtà è di proprietà esclusiva di un solo condomino).
A titolo esemplificativo, fissano criteri di riparto delle spese diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento, comprimono i diritti esclusivi dei condomini oppure sottraggono un bene condominiale all'uso collettivo o deliberano su questioni che non sono pertinenti al condominio.
Sono annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quale può essere la mancata o irregolare comunicazione a taluno dei condomini dell'avviso di convocazione dell'assemblea (Cassazione, sentenza n. 4806/2005) oppure assemblee costituite senza il raggiungimento del quorum previsto per legge. Del pari dicasi per le delibere adottate con maggioranze inferiori a quelle previste dalla legge o dal regolamento, con un ordine del giorno incompleto oppure assunte con il voto di un condomino munito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento o sono affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti anche al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea. Le delibere annullabili devono essere impugnate entro 30 giorni dai presenti in assemblea (di persona o per delega) o entro 30 giorni dal ricevimento del verbale dagli assenti
Possono esserci poi delibere addirittura inesistenti: è il caso della delibera assunta dai condomini al di fuori della sede dell'assemblea con una semplice consultazione verbale oppure mediante uno scritto fatto firmare dai partecipanti al condominio.
Domanda: Come si ripartiscono le spese di manutenzione delle terrazze a livello e lastrici solari ?
Risposta: La terrazza a livello, che viene equiparata ai lastrici solari, trova due differenti regimi normativi a seconda che essa sia in diritto di proprietà o ad uso esclusivo di un solo condomino, o invece di proprietà o ad uso comune di tutti i condomini.
1) Nel caso in cui la terrazza sia in uso esclusivo ad un condomino, la disciplina applicabile è quella di cui all'art. 1126 c.c. Tale disciplina prevede che le spese per i lastrici solari e le terrazze a livello siano poste a carico per 1/3 del proprietario esclusivo e per i residui 2/3 a carico di tutti i condomini dell'edificio,
2) Nel caso in cui la terrazza a livello o lastrico solare non sia in uso esclusivo di alcun condomino, la disciplina applicabile è invece quella generale dell’art. 1123, che prevede: “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio….. sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.”
Domanda: Un condomino può far eseguire riparazioni pagando il fornitore e poi avere diritto al rimborso ?
Risposta: Art. 1134 c.c. “il condomino che ha fatto delle spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”. Il legislatore ha posto un divieto generale per il singolo condomino ad eseguire lavori e spese e poi chiederne il rimborso. L’eccezione del legislatore sta nell’urgenza ed indifferibilità della spesa. Ovviamente il condomino deve provare oltre all’urgenza anche l’impossibilità di comunicare con l’amministratore.
Domanda: Se rinuncio ad utilizzare l’ascensore posso non contribuire alle spese di manutenzione ordinarie e straordinarie dell’impianto?
Risposta: Il condomino non può, rinunciando al diritto di godere della cosa comune, sottrarsi alle spese di conservazione dell’impianto (art. 1118 c.c.), sono nulli accordi tra le parti o modifiche al regolamento condominiale che comportano la rinuncia del condomino o di parte dei condomini.
Domanda : Come si ripartiscono le spese dei balconi incassati?
Risposta: Questo tipo di balcone non può definirsi “aggettante”, in quanto è aggettante quel balcone che: a) sporge rispetto alla facciata dello stabile, costituendo così il prolungamento della corrispondente unità immobiliare; b) si protende nel vuoto senza essere compreso nella struttura portante verticale dell’edificio; c) ha autonomia statica in quanto agganciato esclusivamente al solaio interno.
I balconi in questione rientrano invece nella categoria dei balconi a castello, che è quella tipologia di balcone che non sporge rispetto alla facciata dello stabile, ma è posto all’interno del perimetro esterno dell’edificio, inserito nella sua struttura portante e non si protende autonomo nel vuoto.
Il balcone a castello a sua volta rappresenta una tipologia dei così detti balconi incassati.
Per questo tipo di balcone le spese per il rifacimento del parapetto in muratura dovranno essere poste a carico di tutti i condomini ai sensi dell’art. 1123, primo comma, c.c. poiché esso fa parte integrante della facciata dell’edificio.
Quanto al sottobalcone, nella tipologia del balcone incassato esso viene considerato alla stessa stregua dei solai, sicchè la spesa relativa deve essere sostenuta da ciascuno dei proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti in ragione della metà (art. 1125 cod. civ.): infatti, la conformazione del balcone incassato fa sì che esso funga, contemporaneamente, da sostegno del piano superiore e da copertura del piano inferiore (Cass. 21 gennaio 2000 n. 637).
Domanda: Lavori di pavimentazione di terrazze ad uso esclusivo
Risposta: L’art. 1126 c.c. si colloca all’interno delle norme (artt. 1123, 1124, 1125 e, appunto, 1226 c.c.) che regolano la ripartizione delle spese necessarie alla gestione del condominio.
Tale norma, finalizzata alla alla disciplina di una particolare tipologia di costi, al pari delle altre, assume la veste di un criterio legale di ripartizione, che, in quanto tale, si pone come obbligatorio per le spese di manutenzione del lastrico solare esclusivo e delle terrazze a livello che fungono da copertura alle porzioni di piano sottostanti, poste nella verticale della sua proiezione.
La ripartizione dell’art. 1126 c.c. trova ragione e giustificazione in considerazione della funzione di copertura che svolgono tali manufatti in relazione alle unità immobiliare sottoposte, sicchè essa è ritenuta dalla giurisprudenza non applicabile alla parte aggettante del lastrico/terrazza a livello, che, protendendosi al di fuori del perimetro dell’edificio, non esercita la predetta funzione di copertura.
Il corretto criterio di ripartizione della spesa di rifacimento del terrazzo esclusivo parzialmente aggettante prevede che, conformemente ad un orientamento giurisprudenziale ormai acquisito, siano addebitate al solo utilizzatore esclusivo le spese afferenti la parte in aggetto, mentre la restante parte avente funzione di copertura delle unità immobiliari sottostanti viene ripartita ai sensi dell'art.1126 cod.civ.
Secondo la giurisprudenza, infatti, la parte aggettante di una terrazza di piano attico rappresenta infatti esclusivamente un ampliamento della superficie utile della terrazza, considerando tale superficie come quella di un balcone (Trib. Catania 20 marzo 1986, n. 410: “le spese relative agli sporti della terrazza a livello- aggetti- di godimento esclusivo di un singolo condomino gravano per intero sul proprietario di cui sono al servizio, mentre per tutto il resto della terrazza soccorre l’art. 1126 c.c.”).
Le spese di riparazione della parte in aggetto della terrazza di proprietà esclusiva di uno dei condomini gravano soltanto su questo ultimo (App. L'Aquila 14 febbraio 1992).
Quanto alla vincolatività del pregresso diverso criterio adottato all’assemblea, ciò può affermarsi solo se questo fu deciso con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio.
In mancanza, la pregressa suddivisione non costituisce valore di precedente cui obbligatoriamente attenersi.
Qualora si decidesse di applicare il precedente, ovvero una regolamentazione di spesa diversa da quella correttamente applicata dal richiedente, è necessario far presente ai condomini che la relativa delibera potrebbe essere impugnata, perché in contrasto con il criterio legale dettato dall’art. 1126 c.c. ed il principio di diritto ad esso sotteso, che impone tale criterio in ragione della funzione/utilità rappresentata dalla parte di “copertura”.
Domanda: Ripartizione delle spese di balconi aggettanti
Risposta : Secondo un indirizzo giurisprudenziale oggi prevalente, il balcone aggettante viene ritenuto accessorio dell'appartamento, con esclusione di ogni natura condominiale se non nel caso in cui il balcone o suoi singoli componenti costituiscano motivo ornamentale di particolare rilievo sul prospetto architettonico dell'edificio. A parte quest'unica eccezione il balcone viene quindi considerato come una parte dell'appartamento cui offre utilità esclusiva.
I frontalini dei balconi aggettanti, ad esclusione dei rivestimenti che costituiscono motivo ornamentale e gli elementi decorativi, sono dunque da ritenersi, per indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, di esclusiva proprietà del titolare del balcone medesimo. Analogo discorso deve farsi per i parapetti e il sottobalcone.
Si forniscono di seguito i riferimenti giurisprudenziali circa l'indirizzo enunciato: Cass.8159/1996; Cass.637/2000; Cass.1784/2007; Cass.15713/2007.
Tra le pronunce in argomento si segnala la seguente: "I balconi aggettanti di un edificio in condominio, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa: solo i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si devono considerare beni comuni a tutti i condòmini quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. Quanto ai rapporti tra il proprietario del singolo balcone e il proprietario di analogo manufatto, posto al piano sottostante sulla stessa verticale, deve escludersi una presunzione di proprietà comune del balcone stesso. Ancorchè, infatti, in una tale evenienza possa riconoscersi alla soletta del balcone funzione di copertura, rispetto al balcone sottostante, trattasi di copertura disgiunta dalla funzione di sostegno e, quindi, non indispensabile per l'esistenza stessa dei piani sovrapposti, per cui non può parlarsi di elemento a servizio di entrambi gli immobili (Come si verifica, invece, se i balconi stessi siano incassati nel corpo dell'edificio, atteso che in quest'ultima eventualità i vari balconi sovrastanti svolgono contemporaneamente funzione sia di separazione sia di copertura sia di sostegno) " (Cass.II sent.30-7-2004 n.14576)
La spesa per il restauro del balcone aggettante, del frontalino, del parapetto e del sottobalcone deve quindi addebitarsi esclusivamente al proprietario del balcone.
Nella fattispecie dedotta in quesito deve ritenersi che i balconi aggettanti non svolgano alcuna particolare funzione decorativa o estetica, con la conseguenza che le spese afferenti riguardano solo i rispettivi proprietari e che coloro che non hanno balconi ne sono esclusi.
Domanda: Qualsiasi condomino è autorizzato a richiedere la documentazione alla amministrazione ?
Risposta: Si legge in una sentenza del 2001 che è riconosciuta al condomino “la vigilanza ed il controllo sullo svolgimento dell'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni e, perciò. di prendere visione dei registri e dei documenti che li riguardano, sempre che la vigilanza ed il controllo non si risolvano in un intralcio all'amministrazione, non siano contrari al principio della correttezza e che delle attività afferenti alla vigilanza ed al controllo i condomini si addossino i costi. .....”(così Cass. 29 novembre 2001, n. 15159).
Domanda: è possibile l'apertura di un B&B se il regolamento di condominio prevede "..... è fatto divieto di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato" ?
Risposta : In tema di esercizio dell'attività di bed and breakfast in condominio, non può parlarsi di cambio di destinazione d'uso dell'unità immobiliare in esso ubicata, in quanto tale attività si fonda sul fatto che il servizio è offerto in una civile abitazione.
Insomma una cosa è l'esercizio dell'attività alberghiera in condominio, altro l'apertura di un'attività di bed and breakfast nella medesima compagine; questa la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 24707 depositata in cancelleria il 20 novembre 2014.
Sempre più spesso accade che per arrotondare o comunque per iniziare un'attività economica, in molti adibiscano parte delle loro abitazioni a bed and breakfast; quest'attività è stato oggetto di regolamentazione da parte delle legislazioni regionali e dei regolamento comunali.
È anche noto che molte persone, surrettiziamente, parlano di b&b quando invece si dovrebbe trattare di vere e proprie attività alberghiere: questo, però, è un altro discorso.
Nel caso di specie dei condomini hanno aperto nella loro abitazione un'attività di b&b e il condominio gli ha fatto causa perché a suo modo di vedere tale attività era contraria al regolamento condominiale, a mente del quale "è fatto divieto di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato".
In primo grado il condominio vedeva accolta la propria richiesta, mentre il giudizio d'appello riportava tutto all'inizio: è lecito tendere un bed and breakfast in condominio. da qui la conclusione delle vertenza davanti ai giudici di legittimità.
Il condominio ricorrente chiedeva la cassazione della sentenza per vari motivi, primo tra i vari, l'errata interpretazione del regolamento condominiale rispetto all'attività di b&B: secondo la compagine questa era contraria alla destinazione a civile abitazione prescritta dallo statuto della compagine.
È qui, dice la Corte, che il ricorrente si sbaglia. Secondo gli ermellini, infatti, la sentenza d'appello, correttamente, ha ritenuto che “la disposizione regolamentare, tenuto conto che la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per la utilizzazione di una unità abitativa ai fini dell'attività di bed and breakfast (affermazione, questa, coerente con il quadro normativo di riferimento: art. 2, lett. a, del regolamento regionale Lazio n. 16 del 2008, in cui si chiarisce che "l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo non comporta il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici"; in proposito, vedi anche Corte cost. sent. n. 369 del 2008), non precludesse la destinazione delle unità di proprietà esclusiva alla detta attività” (Cass. 20 novembre 2014 n. 24707).
Come dire: siccome il regolamento condominiale vieta di mutare la destinazione d'uso e l'attività di bed and breakfast non richiede tale modificazione rispetto alle civili abitazioni, non può ravvisarsi violazione del regolamento stesso.
Né, ha proseguito la Corte confermando la bontà del lavoro dei giudici d'appello, poteva scorgersi nella sentenza impugnata un'errata interpretazione della clausola oggetto del contendere alla luce dell'intero regolamento di condominio.
Per vietare tale attività, dunque, sarà bene specificarlo in modo preciso ed inequivocabile com'è richiesto per ogni divieto o limitazione al diritto di proprietà contenuti in un regolamento condominiale di origine contrattuale. Cass. 20 novembre 2014 n. 24707
Risposta: La richiesta di convocazione di un'assemblea straordinaria è sempre possibile da parte dei Condomini. L'art. 66 dis. att. del del Codice civile impone che la richiesta sia scritta e inviata all'Amministratore con il nominativo dei Condomini richiedenti, ordine del giorno e firma degli stessi. Per essere valida la richiesta deve essere fatta da almeno 2 Condomini la cui somma sia 1/6 dei millesimi generali di proprietà. All'Amministratore ha dieci giorni di tempo per convocare l'assemblea, trascorsi i quali, i Condomini posso convocare autonomamente l'assemblea con le stesse tempistiche delle normali convocazioni.
Domanda: Quali sono le caratteristiche della assemblea condominiale ?
Risposta: L'Assemblea deve essere convocata ogni anno dall'amministratore per il rendiconto del proprio operato: è la cosiddetta assemblea ordinaria, che può trattare qualsiasi argomento di ordinaria e di straordinaria amministrazione. Sono straordinarie tutte le altre assemblee che vengono convocate nel corso della gestione quando l'amministratore o i condomini lo ritengono necessario. I condomini devono essere avvisati almeno cinque giorni prima della riunione.
L'avviso di convocazione deve indicare il luogo, la data e l’ora in cui si terrà l'assemblea, nonché contenere l'ordine del giorno, cioè l'elencazione degli argomenti che verranno discussi in tale sede. Questi ultimi, a pena di annullabilità della relativa delibera, devono essere elencati specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso (Cassazione, sentenza n. 14560/2004).
E' preferibile che l'avviso di convocazione sia inviato a mezzo raccomandata ordinaria o consegnato a mani: l'importante è avere una sicura prova di avvenuta convocazione di tutti i condomini. L'assemblea in seconda convocazione deve tenersi in un giorno differente da quello della prima, pena annullabilità delle delibere. Tutti i condomini devono essere convocati alla riunione, pena l'annullabilità delle delibere.
Qual'ora l'avviso di convocazione di assemblea condominiale sia stato inviato mediante lettera raccomandata, non consegnata per l'assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, il momento in cui l'atto si reputa conosciuto coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso il destinatario, e non già con il momento in cui successivamente l'atto viene consegnato. (C.c, art. 1335)
Tutte le decisioni prese dall'assemblea, in quanto organo deliberativo del condominio, trovano forza e giustificazione nel "principio di maggioranza", per cui le delibere approvate nel rispetto delle norme di legge e regolamentari sono obbligatorie per tutti i condomini anche se assenti o dissenzienti.
L'assemblea non può deliberare su argomenti che non siano iscritti all'ordine del giorno, sempre che non vi sia la presenza totale dei condomini rappresentanti il totale-valore dell'edificio, oppure non vi siano problemi urgenti o pericoli in atto. L'Assemblea, tuttavia, potrà sempre ratificare quanto eseguito in altra seduta.
Delibere nulle annullabili e inesistenti Quali sono le delibere nulle e quali quelle annullabili e quali quelle inesistenti ?
Il legislatore ha previsto la possibilità per ogni condomino di ricorrere all'autorità giudiziaria contro le deliberazioni assembleari.
Sono nulle le delibere che:
- hanno oggetto impossibile o illecito cioè contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume (per esempio: dispongono opere di abuso edilizio o vietano l’acquisto di appartamenti a determinati soggetti per ragioni di discriminazione razziale);
– hanno oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea;
– incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini (per esempio: disciplinano l’utilizzo di un bene che in realtà è di proprietà esclusiva di un solo condomino).
A titolo esemplificativo, fissano criteri di riparto delle spese diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento, comprimono i diritti esclusivi dei condomini oppure sottraggono un bene condominiale all'uso collettivo o deliberano su questioni che non sono pertinenti al condominio.
Sono annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quale può essere la mancata o irregolare comunicazione a taluno dei condomini dell'avviso di convocazione dell'assemblea (Cassazione, sentenza n. 4806/2005) oppure assemblee costituite senza il raggiungimento del quorum previsto per legge. Del pari dicasi per le delibere adottate con maggioranze inferiori a quelle previste dalla legge o dal regolamento, con un ordine del giorno incompleto oppure assunte con il voto di un condomino munito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento o sono affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti anche al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea. Le delibere annullabili devono essere impugnate entro 30 giorni dai presenti in assemblea (di persona o per delega) o entro 30 giorni dal ricevimento del verbale dagli assenti
Possono esserci poi delibere addirittura inesistenti: è il caso della delibera assunta dai condomini al di fuori della sede dell'assemblea con una semplice consultazione verbale oppure mediante uno scritto fatto firmare dai partecipanti al condominio.
Domanda: Come si ripartiscono le spese di manutenzione delle terrazze a livello e lastrici solari ?
Risposta: La terrazza a livello, che viene equiparata ai lastrici solari, trova due differenti regimi normativi a seconda che essa sia in diritto di proprietà o ad uso esclusivo di un solo condomino, o invece di proprietà o ad uso comune di tutti i condomini.
1) Nel caso in cui la terrazza sia in uso esclusivo ad un condomino, la disciplina applicabile è quella di cui all'art. 1126 c.c. Tale disciplina prevede che le spese per i lastrici solari e le terrazze a livello siano poste a carico per 1/3 del proprietario esclusivo e per i residui 2/3 a carico di tutti i condomini dell'edificio,
2) Nel caso in cui la terrazza a livello o lastrico solare non sia in uso esclusivo di alcun condomino, la disciplina applicabile è invece quella generale dell’art. 1123, che prevede: “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio….. sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.”
Domanda: Un condomino può far eseguire riparazioni pagando il fornitore e poi avere diritto al rimborso ?
Risposta: Art. 1134 c.c. “il condomino che ha fatto delle spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”. Il legislatore ha posto un divieto generale per il singolo condomino ad eseguire lavori e spese e poi chiederne il rimborso. L’eccezione del legislatore sta nell’urgenza ed indifferibilità della spesa. Ovviamente il condomino deve provare oltre all’urgenza anche l’impossibilità di comunicare con l’amministratore.
Domanda: Se rinuncio ad utilizzare l’ascensore posso non contribuire alle spese di manutenzione ordinarie e straordinarie dell’impianto?
Risposta: Il condomino non può, rinunciando al diritto di godere della cosa comune, sottrarsi alle spese di conservazione dell’impianto (art. 1118 c.c.), sono nulli accordi tra le parti o modifiche al regolamento condominiale che comportano la rinuncia del condomino o di parte dei condomini.
Domanda : Come si ripartiscono le spese dei balconi incassati?
Risposta: Questo tipo di balcone non può definirsi “aggettante”, in quanto è aggettante quel balcone che: a) sporge rispetto alla facciata dello stabile, costituendo così il prolungamento della corrispondente unità immobiliare; b) si protende nel vuoto senza essere compreso nella struttura portante verticale dell’edificio; c) ha autonomia statica in quanto agganciato esclusivamente al solaio interno.
I balconi in questione rientrano invece nella categoria dei balconi a castello, che è quella tipologia di balcone che non sporge rispetto alla facciata dello stabile, ma è posto all’interno del perimetro esterno dell’edificio, inserito nella sua struttura portante e non si protende autonomo nel vuoto.
Il balcone a castello a sua volta rappresenta una tipologia dei così detti balconi incassati.
Per questo tipo di balcone le spese per il rifacimento del parapetto in muratura dovranno essere poste a carico di tutti i condomini ai sensi dell’art. 1123, primo comma, c.c. poiché esso fa parte integrante della facciata dell’edificio.
Quanto al sottobalcone, nella tipologia del balcone incassato esso viene considerato alla stessa stregua dei solai, sicchè la spesa relativa deve essere sostenuta da ciascuno dei proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti in ragione della metà (art. 1125 cod. civ.): infatti, la conformazione del balcone incassato fa sì che esso funga, contemporaneamente, da sostegno del piano superiore e da copertura del piano inferiore (Cass. 21 gennaio 2000 n. 637).
Domanda: Lavori di pavimentazione di terrazze ad uso esclusivo
Risposta: L’art. 1126 c.c. si colloca all’interno delle norme (artt. 1123, 1124, 1125 e, appunto, 1226 c.c.) che regolano la ripartizione delle spese necessarie alla gestione del condominio.
Tale norma, finalizzata alla alla disciplina di una particolare tipologia di costi, al pari delle altre, assume la veste di un criterio legale di ripartizione, che, in quanto tale, si pone come obbligatorio per le spese di manutenzione del lastrico solare esclusivo e delle terrazze a livello che fungono da copertura alle porzioni di piano sottostanti, poste nella verticale della sua proiezione.
La ripartizione dell’art. 1126 c.c. trova ragione e giustificazione in considerazione della funzione di copertura che svolgono tali manufatti in relazione alle unità immobiliare sottoposte, sicchè essa è ritenuta dalla giurisprudenza non applicabile alla parte aggettante del lastrico/terrazza a livello, che, protendendosi al di fuori del perimetro dell’edificio, non esercita la predetta funzione di copertura.
Il corretto criterio di ripartizione della spesa di rifacimento del terrazzo esclusivo parzialmente aggettante prevede che, conformemente ad un orientamento giurisprudenziale ormai acquisito, siano addebitate al solo utilizzatore esclusivo le spese afferenti la parte in aggetto, mentre la restante parte avente funzione di copertura delle unità immobiliari sottostanti viene ripartita ai sensi dell'art.1126 cod.civ.
Secondo la giurisprudenza, infatti, la parte aggettante di una terrazza di piano attico rappresenta infatti esclusivamente un ampliamento della superficie utile della terrazza, considerando tale superficie come quella di un balcone (Trib. Catania 20 marzo 1986, n. 410: “le spese relative agli sporti della terrazza a livello- aggetti- di godimento esclusivo di un singolo condomino gravano per intero sul proprietario di cui sono al servizio, mentre per tutto il resto della terrazza soccorre l’art. 1126 c.c.”).
Le spese di riparazione della parte in aggetto della terrazza di proprietà esclusiva di uno dei condomini gravano soltanto su questo ultimo (App. L'Aquila 14 febbraio 1992).
Quanto alla vincolatività del pregresso diverso criterio adottato all’assemblea, ciò può affermarsi solo se questo fu deciso con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio.
In mancanza, la pregressa suddivisione non costituisce valore di precedente cui obbligatoriamente attenersi.
Qualora si decidesse di applicare il precedente, ovvero una regolamentazione di spesa diversa da quella correttamente applicata dal richiedente, è necessario far presente ai condomini che la relativa delibera potrebbe essere impugnata, perché in contrasto con il criterio legale dettato dall’art. 1126 c.c. ed il principio di diritto ad esso sotteso, che impone tale criterio in ragione della funzione/utilità rappresentata dalla parte di “copertura”.
Domanda: Ripartizione delle spese di balconi aggettanti
Risposta : Secondo un indirizzo giurisprudenziale oggi prevalente, il balcone aggettante viene ritenuto accessorio dell'appartamento, con esclusione di ogni natura condominiale se non nel caso in cui il balcone o suoi singoli componenti costituiscano motivo ornamentale di particolare rilievo sul prospetto architettonico dell'edificio. A parte quest'unica eccezione il balcone viene quindi considerato come una parte dell'appartamento cui offre utilità esclusiva.
I frontalini dei balconi aggettanti, ad esclusione dei rivestimenti che costituiscono motivo ornamentale e gli elementi decorativi, sono dunque da ritenersi, per indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, di esclusiva proprietà del titolare del balcone medesimo. Analogo discorso deve farsi per i parapetti e il sottobalcone.
Si forniscono di seguito i riferimenti giurisprudenziali circa l'indirizzo enunciato: Cass.8159/1996; Cass.637/2000; Cass.1784/2007; Cass.15713/2007.
Tra le pronunce in argomento si segnala la seguente: "I balconi aggettanti di un edificio in condominio, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa: solo i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si devono considerare beni comuni a tutti i condòmini quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. Quanto ai rapporti tra il proprietario del singolo balcone e il proprietario di analogo manufatto, posto al piano sottostante sulla stessa verticale, deve escludersi una presunzione di proprietà comune del balcone stesso. Ancorchè, infatti, in una tale evenienza possa riconoscersi alla soletta del balcone funzione di copertura, rispetto al balcone sottostante, trattasi di copertura disgiunta dalla funzione di sostegno e, quindi, non indispensabile per l'esistenza stessa dei piani sovrapposti, per cui non può parlarsi di elemento a servizio di entrambi gli immobili (Come si verifica, invece, se i balconi stessi siano incassati nel corpo dell'edificio, atteso che in quest'ultima eventualità i vari balconi sovrastanti svolgono contemporaneamente funzione sia di separazione sia di copertura sia di sostegno) " (Cass.II sent.30-7-2004 n.14576)
La spesa per il restauro del balcone aggettante, del frontalino, del parapetto e del sottobalcone deve quindi addebitarsi esclusivamente al proprietario del balcone.
Nella fattispecie dedotta in quesito deve ritenersi che i balconi aggettanti non svolgano alcuna particolare funzione decorativa o estetica, con la conseguenza che le spese afferenti riguardano solo i rispettivi proprietari e che coloro che non hanno balconi ne sono esclusi.
Domanda: Qualsiasi condomino è autorizzato a richiedere la documentazione alla amministrazione ?
Risposta: Si legge in una sentenza del 2001 che è riconosciuta al condomino “la vigilanza ed il controllo sullo svolgimento dell'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni e, perciò. di prendere visione dei registri e dei documenti che li riguardano, sempre che la vigilanza ed il controllo non si risolvano in un intralcio all'amministrazione, non siano contrari al principio della correttezza e che delle attività afferenti alla vigilanza ed al controllo i condomini si addossino i costi. .....”(così Cass. 29 novembre 2001, n. 15159).
Domanda: è possibile l'apertura di un B&B se il regolamento di condominio prevede "..... è fatto divieto di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato" ?
Risposta : In tema di esercizio dell'attività di bed and breakfast in condominio, non può parlarsi di cambio di destinazione d'uso dell'unità immobiliare in esso ubicata, in quanto tale attività si fonda sul fatto che il servizio è offerto in una civile abitazione.
Insomma una cosa è l'esercizio dell'attività alberghiera in condominio, altro l'apertura di un'attività di bed and breakfast nella medesima compagine; questa la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 24707 depositata in cancelleria il 20 novembre 2014.
Sempre più spesso accade che per arrotondare o comunque per iniziare un'attività economica, in molti adibiscano parte delle loro abitazioni a bed and breakfast; quest'attività è stato oggetto di regolamentazione da parte delle legislazioni regionali e dei regolamento comunali.
È anche noto che molte persone, surrettiziamente, parlano di b&b quando invece si dovrebbe trattare di vere e proprie attività alberghiere: questo, però, è un altro discorso.
Nel caso di specie dei condomini hanno aperto nella loro abitazione un'attività di b&b e il condominio gli ha fatto causa perché a suo modo di vedere tale attività era contraria al regolamento condominiale, a mente del quale "è fatto divieto di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato".
In primo grado il condominio vedeva accolta la propria richiesta, mentre il giudizio d'appello riportava tutto all'inizio: è lecito tendere un bed and breakfast in condominio. da qui la conclusione delle vertenza davanti ai giudici di legittimità.
Il condominio ricorrente chiedeva la cassazione della sentenza per vari motivi, primo tra i vari, l'errata interpretazione del regolamento condominiale rispetto all'attività di b&B: secondo la compagine questa era contraria alla destinazione a civile abitazione prescritta dallo statuto della compagine.
È qui, dice la Corte, che il ricorrente si sbaglia. Secondo gli ermellini, infatti, la sentenza d'appello, correttamente, ha ritenuto che “la disposizione regolamentare, tenuto conto che la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per la utilizzazione di una unità abitativa ai fini dell'attività di bed and breakfast (affermazione, questa, coerente con il quadro normativo di riferimento: art. 2, lett. a, del regolamento regionale Lazio n. 16 del 2008, in cui si chiarisce che "l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo non comporta il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici"; in proposito, vedi anche Corte cost. sent. n. 369 del 2008), non precludesse la destinazione delle unità di proprietà esclusiva alla detta attività” (Cass. 20 novembre 2014 n. 24707).
Come dire: siccome il regolamento condominiale vieta di mutare la destinazione d'uso e l'attività di bed and breakfast non richiede tale modificazione rispetto alle civili abitazioni, non può ravvisarsi violazione del regolamento stesso.
Né, ha proseguito la Corte confermando la bontà del lavoro dei giudici d'appello, poteva scorgersi nella sentenza impugnata un'errata interpretazione della clausola oggetto del contendere alla luce dell'intero regolamento di condominio.
Per vietare tale attività, dunque, sarà bene specificarlo in modo preciso ed inequivocabile com'è richiesto per ogni divieto o limitazione al diritto di proprietà contenuti in un regolamento condominiale di origine contrattuale. Cass. 20 novembre 2014 n. 24707